lunedì 30 gennaio 2012

Indiani d'america

Nativi americani
La storia 
In età preistorica, durante l’ultima glaciazione, il livello dei mari si abbassò e un ponte di terra collegò Asia e America, là dove oggi si stende lo stretto di Bering. Lungo quella fascia di terra, gruppi di cacciatori nomadi  si spinsero lentamente, nel giro di  molte generazioni (20, 50 o anche più) dalla Siberia all'Alaska, seguendo gli spostamenti dei branchi di mammut e di bisonti. Furono loro i primi abitatori dell'America.
Cristoforo Colombo, che pensava, a torto, di aver raggiunto l'India, chiamò Indiani gli abitanti dell'America.
Più tardi si diede foro anche il nome di Pellirossa, non perché avessero la carnagione rossastra, ma perché usavano spalmarsi di tinture il viso e il corpo.
Al tempo in cui giunsero gli Europei.
Nel Nordamerica vivevano numerose tribù di Pellirosse. Ogni tribù era divisa in clan, formati da coloro che si ritenevano discendenti da uno stesso antenato.
Di solito i clan portavano il nome di un animale, il totem che era considerato protettore del gruppo.
Le differenze fra una tribù e l'altra erano fortissime.
Gli Indiani non avevano una lingua comune (si è calcolato che le lingue parlate in America fossero da 1000 a 2000) né usanze comuni.
Alcuni erano nomadi, altri sedentari.
Nel territorio in cui sarebbero sorti gli Stati Uniti, il sud-ovest ospitava comunità stabili di agricoltori (i Pueblos).

 Molte tribù dell'est ad esempio (Gli Irochesi) conducevano una vita prevalentemente sedentaria: coltivavano mais e legumi, ma abbandonavano i loro villaggi nella stagione della caccia.
  Nelle sconfinate pianure del centro, dove vivevano i Sioux, i Cheyenne, i Comanche, dominava quasi completamente la caccia.
Qui gli Indiani erano nomadi, cacciatori e guerrieri.
La loro principale fonte di vita era il bisonte.
L'animale era così diffuso nell'America del nord che i branchi di bisonti potevano sfilare senza interruzione anche per più giorni di seguito.
Gli Indiani utilizzavano ogni parte dei capi abbattuti: la carne per nutrirsi; la pelle, per fabbricare tende, scudi, vestiti, mocassini; i tendini per farne lacci; le ossa, per gli aghi e gli arpioni; gli escrementi per alimentare il fuoco.
Ma non uccidevano mai più animali di quanto fosse necessario: la vita che conducevano, in stretto contatto con la natura e con gli animali, li portava a rispettare sia l'una che gli altri.
  La casa degli Indiani delle pianure era il tepee (TE = abitare - PEE = usata per), la tenda di pelle a forma di cono, facilmente smontabile e trasportabile, con mobili ridotti al minimo: cuccette, un fornello, sacchi per le provviste.
 
                            Vita e abitudini


Le loro abitazioni
Gli indiani d'America vivevano in tende fatte di pelli, nei climi più miti e in quelli più rigidi facevano ricorso a vari tipi di riparo, tra cui capanne costruite con blocchi di ghiaccio o di terra e rifugi interrati. Dove abbondava il legname venivano costruite case di legno, altrove si utilizzava la paglia per coprire semplici capanne. Abitazioni caratteristiche sono il tepee degli indiani delle praterie, il chikee dei seminole della Florida, gli hogan dei navajo. Apparentemente semplici, queste strutture erano il frutto di sapienti tecnologie. Negli stati sud occidentali, sono tuttora visibili gli insediamenti rocciosi dei cliffdwellers, antenati degli odierni pueblo.

Usi e costumi
Il copricapo piumato è l'immagine che simboleggia questa terra.
L'indiano d'America è l'uomo che nel tempo, è stato modellato dalla stessa mano che ha creato le montagne, le foreste,le praterie e i fiumi. Questa terra è sua,che si tratti della regione delle foreste,delle praterie,dei pueblos o delle mesas. Un tempo quest'uomo cresceva e viveva liberamente, come i cavalli nelle praterie o come il bufalo. Quest'uomo si accostava alla sua esistenza in modo che portò ad un intenso e totale amore per la natura, ad un rispetto per la vita,ad una profonda fede nel Potere Supremo e in principi quali l'onestà,la verità,la generosità,la fratellanza e la giustizia.



Il fuoco da campo era il centro della vita sociale. Veniva acceso in mezzo allo spiazzo riservato alla danza,e intorno ad esso si radunavano le tribù vestite a festa. I vecchi parlavano del tempo passato e i guerrieri narravano le loro avventure mentre i bambini ascoltavano in religioso silenzio.
Le donne, di solito, sedevano anche loro nello spiazzo, ma dal lato opposto a quello occupato dagli uomini.



La tribù era il legame più importante per gli indiani. Era guidata da un capo al quale era affidato il compito di organizzare la vita nel villaggio. Della tribù facevano parte indiani appartenenti ad un unico ceppo familiare, che occupavano un territorio, cioè il luogo dove essi vivevano per determinati periodi. Nessuno di loro si considerava padrone del territorio, perchè per loro la terra andava rispettata in quanto era fonte di ricchezza e di vita per la tribù e perchè in essa era diffusa la potenza del Grande Spirito. Quando la terra non era fertile o la selvaggina scarseggiava, la tribù cercava un altro territorio dove insediare il villaggio. All'interno della tribù tutti dovevano svolgere un compito: gli uomini si occupavano della caccia,le donne delle faccende domestiche, i bambini accudivano i cavalli e gli anziani raccontavano ai bambini le storie dei loro antenati.
L'uomo della medicina, anche detto stregone,era l'uomo più rispettato della tribù, perche a lui era riservato il compito di attirare la benevolenza degli spiriti e curare i malati.
Doveva interpretare anche i sogni che ogni persona della tribù faceva; tali sogni venivano catturati dagli acchiappasogni, che imprigionavano quelli degli spiriti maligni e lasciavono liberi quelli degli spiriti benigni.
La ruota della medicina rappresenta il cerchio della vita e il suo evolversi.
La croce posta al suo interno, raffigura i quattro venti,le quattro stagioni della natura e della vita dell'uomo e le quattro direzione.

Il totem o "palo delle insegne", rappresenta le insegne della tribù,della famiglia o del capo della tribù.Le ali laterali, stanno a significare che siamo angeli rivestiti da un corpo.Sul totem sono sempre incisi degli animali che servono ad attirare le qualità positive degli animali rappresentati:

aquila: la forza divina,perchè è l'animale che vola più in alto ed è quindi vicino al grande spirito. significato = vinci le tue paure.





falco: è il messaggero,colui che ci avverte. significato = valuta la situazione da più punti. 

 

farfalla: rappresenta la trasformazione dell'anima,invita a cambiare le cose. significato = mettere in ordine,rinnovarsi.

cavallo: rappresenta il potere ultraterreno,libertà. significato = ricordo del passato(vite passate),saggezza,amore. 




bisonte: è l'abbondanza;le invocazioni e le preghiere sono state ascoltate significato = tutto si può avere con l'aiuto del Grande Spirito.

lupo: rappresenta l'equilibrio fra le necessità personali e quelle della famiglia. Lealtà verso il gruppo. significato = caccia e sintonia con il gruppo. 




Messaggi e scrittura: i guerrieri delle praterie, comunicavano con il fumo e potevano trasmettere un messaggio a tante miglia di distanza sfidando la velocità con la quale i bianchi trasmettevano le notizie attraverso i "fili parlanti".
Un altro tipo di segnalazione consisteva nell'uso dello specchio,spesso utilizzata nei combattimenti.Indiani di diverse tribù, fra di loro dialogavano a segni.
Chi era abile nell'esprimersi a segni, comunicava anche storie complicate e concetti più complicati.
Il linguaggio a gesti non era altro che una scrittura ideografica tradotta in gesti.
Gli indiani non avevano alfabeto,perciò scrivevano per mezzo di ideogrammi, che a volte erano incisi sul rame, ma anche su corteccia e pelli di animali.



la caccia: vivendo in perfetta sintonia con la natura,l'indiano conosceva il verso degli uccelli e degli animali e li imitava alla perfezione. La caccia non era intesa come un divertimento, ma come necessità di vita, perchè con essa gli indiani si procuravano il cibo e l'abbigliamento per le loro famiglie.
La pittura del corpo fu utilizzata dagli indiani, per difendersi dal freddo,dal vento, dalle scottature e dalle punture di insetti. Usavano di solito, colori forti ottenuti dalla miscela fra grasso animale e alcune sostanze coloranti:
Il guerriero indiano era un abile combattente e fisicamente preparato. Il giovane guerriero, doveva affrontare le fatiche senza lamentarsi. Doveva essere atleta e pronto a privarsi di qualunque cosa. Doveva essere in grado di marciare senza cibo e acqua per due o tre giorni, o di correre per un giorno e una notte senza mai fermarsi. Doveva essere in grado di attraversare un territorio privo si sentieri, senza perdere la strada nè di giorno nè di notte.
Gli indiani usavano diverse armi nei combattimenti; armi che hanno subito alcuni variazioni dopo l'arrivo dei bianchi. Il tomahawk era una piccola scure che i guerrieri portavano appesa alla cintura, tenendola sempre pronta per la battaglia. La lancia era un'altra arma molto diffusa, e non era altro che un'asta di legno alla cui estremità c'era una punta di pietra scheggiata,oppure dopo l'arrivo dell'uomo bianco, di ferro.
La guerra non era vista dagli indiani come un mezzo tramite il quale si potesse conquistare un territorio, perchè la terra era di tutti e non poteva essere nè comprata nè conquistata. Era soprattutto un modo per dimostrare il proprio coraggio e di sfidare la morte. Non si affrontavano mai per dichiarare la guerra, ma bastava che un indiano compisse un'incursione in un altro accampamento, per scatenare la risposta della tribù offesa. Gli scontri seguivano, di solito, un codice d'onore; venivano uccisi gli uomini, ma le donne e i bambini venivano salvaguardati e i tepee non venivano mai distrutti.


Le donne
In quasi tutte le tribù native americane, le donne erano il motore economico della tribù e garantivano il buon andamento della vita quotidiana. In alcune tribù come gli Apache la famiglia era matriarcale.
I loro compiti erano innumerevoli: scuoiavano animali, affumicavano la carne, confezionavano tutti gli indumenti, anche i mocassini, erano espertissime conciatrici di pelli: riuscivano a renderla morbida come un tessuto , e poi raccoglievano la frutta, pestavano il mais e il miglio, cucinavano, montavano e smontavano le tende, e, naturalmente, accudivano i figli.
Le donne indiane avevano molta cura dei loro piccoli e non si limitavano ad assicurare loro la sopravvivenza: facevano di tutto per rendere la vita bella e piacevole.
Per quanto riguarda i piccoli del il popolo delle Pianure, probabilmente nessuna infanzia è stata più felice: non c’erano bambini più coccolati, viziati, protetti e liberi.Senza scuola, senza orari, senza disciplina convenzionale i bambini attraverso il gioco apprendevano le arti, la tecnica, le tradizioni, la cultura collettiva.Ed erano tutte le donne della tribù a prendersi cura del bambino, fino alla sua adolescenza. Le donne erano anche quelle che massaggiavano i bambini più volte al giorno soprattutto nei gelidi inverni delle pianure, erano quelle che per riparare i piccoli dal gelo, usavano il grasso di bisonte, e che pensavano a raccogliere il muschio fresco e assorbente che fungeva da
pannolino per i più  piccoli   
Erano ancora le donne a realizzare e a servirsi poi, caricandoli poi sulle spalle, bellissimi porta-enfant di morbida pelle di cerbiatto arricchita di piccolissime perline multicolori. Tra le puerpere c’era molta solidarietà: se una non aveva abbastanza latte per nutrire il proprio bambino, ce n’era sempre un’ altra che ne aveva in eccesso e che fungeva da balia.La sera, per far addormentare i piccoli cantavano lunghe nenie. Per i problemi meno importanti, come coliche o dolori per la dentizione, erano sempre le donne a fungere da pediatre e curare il bambino con erbe medicinali, (gli analgesici più usati erano la salvia e le foglie di salice). Il cibo era sempre pronto e abbondante, conservato cotto in modo da poter essere servito in qualsiasi momento. Infatti non era destinato soltanto al consumo della famiglia, ma di chiunque arrivasse, forestieri o parenti. Nella vita sociale degli indiani il saper preparare e servire il cibo era molto importante. Attraverso l’offerta e la condivisione del cibo, si rinsaldavano i vincoli tra l’uomo di famiglia sia con i capi del gruppo, che con i parenti della moglie.
Tutti i compiti delle donne erano considerati onorevoli e dignitosi. Nessun lavoro era ritenuto servile .

In effetti le donne erano oggetto di premure e di attenzioni: a cominciare dal mattino quando il marito spazzolava i capelli alla moglie (con una coda di porcospino attaccata ad un impugnatura decorata), le faceva le trecce e le dipingeva il viso (se dopo divenne una questione di moda, all’inizio questo cominciò per il fatto che molte donne lakota avevano una carnagione bellissima e molto delicata che mal sopportava il vento caldo e il sole bruciante delle pianure).
Il matrimonio era tenuto in grande considerazione presso i Sioux. La celebrazione  consisteva nel fatto che il fidanzato andava a prendere la ragazza nel tepee dove alloggiava con la sua famiglia e la portava nella loro tenda. Lei dava subito dimostrazione di essere a casa sua: accendeva il fuoco al centro della tenda, sedendosi al posto della moglie a destra del focolare, di fronte si sedeva il marito, nel posto proprio del capofamiglia. Senza altre formalità erano marito e moglie. Il matrimonio doveva essere consenziente, poteva esserci un accordo tra la famiglia di lei e quella dello sposo oppure si poteva fuggire mettendo entrambe le famiglie di fronte al fatto compiuto o ancora, in casi estremi, la donna veniva rapita direttamente, senza perdere tempo. Anche se spesso si creavano chiacchiere e “inciuci”, non appena la sposa rimaneva incinta, tutto si metteva a tacere. Una madre conquistava automaticamente il massimo del rispetto collettivo.

La professione di madre era tenuta in grande considerazione e rispetto al punto che nel momento in cui la donna si rendeva conto di essere incinta, troncava i rapporti sessuali con il marito (cosa che non creava tensioni né contrasti: le premure dello sposo rimanevano immutate). Una volta avuto il bambino, i genitori si preoccupavano di non metterne in cantiere un altro almeno fino a quando il precedente non avesse raggiunto l’età di 5-6 anni in modo che potesse avere tutte le attenzioni possibili e che la donna  non si stancasse troppo. La moglie non prendeva il nome del marito né del suo clan.I bambini appartenevano al clan della madre. Se la cerimonia del matrimonio era piuttosto semplice e diretta, il corteggiamento era invece un rito lungo e complicato: un metodo molto diffuso era quello di mettersi sulla via dell’acqua e aspettare che le donne passassero per attingere l’acqua o per lavare i panni, afferrare il lembo della sottana o colpirla a distanza con dei sassolini. Se lei rallentava il passo significava che il corteggiatore aveva il permesso di affiancarsi e parlarle, se non era interessata lo avrebbe ignorato . Altro tipo di corteggiamento era quello della coperta: i corteggiatori si presentavano dopo il tramonto davanti al tepee della famiglia di lei e chiedevano di sedersi accanto alla ragazza, avvolgendola nella coperta.
 e lei gradiva, la conversazione si prolungava, e non era raro che ci fosse qualche “approfondimento” reciproco della conoscenza del corpo dell’altro. Ma sempre da seduti. Era vietato sdraiarsi sotto la coperta. Se lei non gradiva, il corteggiatore veniva congedato in fretta. La violenza sulle donne esisteva, ma era molto rara, forse anche perché la vendetta da parte della vittima era piuttosto dura e definitiva: le donne lakota, addestrate fin da piccole all’arte della macellazione, maneggiavano il coltello con molta facilità. Si può immaginare come potessero usare quest’abilità…ma questa pratica non conveniva a nessuno: la donna che riusciva a compiere questa vendetta era tenuta a mantenere l’uomo castrato fino alla sua morte.Per il divorzio nessun ricatto, nessuna spesa e nessuno avvocato: così come l’entrata della donna sanciva il suo ruolo di sposa, l’uscita dal tepee con le proprie masserizie significava la rottura del legame matrimoniale. Al marito non restava altro che “suonare il tamburo”: si portava al centro dei cerchi di tende e gridava “questa donna non è più mia. Chi la vuole se la prenda” .Se era la moglie a essere stanca del marito, lo buttava semplicemente fuori dal tepee e, se voleva, accoglierci un altro uomo non doveva dare nessuna spiegazione. Nessun “avvocato” neanche per la spartizione dei beni: giacché la terra non apparteneva a nessuno, non c’erano né terre né proprietà da dividere.Semplicemente alla donna spettavano oltre la tenda , un cavallo da carico, tutte le suppellettili domestiche, tutti i coltelli tranne quelli da caccia e tutte le pelli che aveva conciato durante la vita matrimoniale A lui spettavano il piumaggio, le armi, i cavalli da caccia e da guerra. Neanche troppe storie per l’affidamento dei figli: i piccoli, quelli che ancora dovevano arrivare alla pubertà, restavano con la madre, i più grandicelli andavano col padre. In genere i divorzi erano dovuti ai tradimenti, ma se un marito infedele non poteva essere punito dalla propria donna (che aveva solo il diritto di andare in collera e di divorziare), per una donna infedele la punizione era peggiore: al primo tradimento il marito aveva il diritto di tagliarle una treccia (due se era particolarmente geloso). L’uomo in teoria poteva avere più mogli ma erano casi rarissimi. E se succedeva era soltanto se la prima moglie era anziana e lui un guerriero ricco con molti cavalli. Era costretto infatti a mantenere tutti i parenti delle varie mogli. Avere molte moglie era anche un investimento economico: se una donna da sola conciava 4 pelli l’anno, più donne, naturalmente, avrebbero conciato più pelli. Le donne lakota erano di solito silenziose e riservate e in genere non partecipavano alla vita pubblica, ma una donna anziana e saggia o che aveva mostrato un particolare coraggio, poteva diventare parte del Consiglio Tribale.
 Donne Celebri
Pocahontas 

Pocahontas (Virginia, c. 1595 – Gravesend, 21 marzo 1617) fu una donna nativa americana che sposò un uomo inglese, John Rolfe, e a Londra, sul finire della sua vita, divenne una celebrità.
Era la figlia di Wahunsunacock (conosciuto anche come Powhatan), che governò su un'area che comprendeva praticamente tutte le tribù vicine alla regione Tidewater della Virginia (chiamata Tenakomakah a quel tempo). I suoi nomi formali erano Matoaka e Amonute, Pocahontas era un soprannome infantile che faceva riferimento alla sua natura vivace (nella lingua Powhatan significa "piccola svergognata", secondo William Strachey). Dopo aver ricevuto il battesimo, cambiò nome in Rebecca, ed in seguito al matrimonio, Rebecca Rolfe.


Statua di Pocahontas a Jamestown - 1922
 I film
Il film disney

The New World - Il nuovo mondo

Sacajawea

Sacajawea (1788 – 20 dicembre 1812) fu una donna nativa americana della tribù dei Shoshoni. Accompagnò Meriwether Lewis e William Clark durante l'omonima spedizione atta ad esplorare l'America nord-occidentale. Viaggiò per migliaia di chilometri dal Dakota del Nord fino alla costa pacifica dell'Oregon tra il 1804 ed il 1806 e Clark la soprannominò "Janey"
Poche sono le fonti storiche riguardo a Sacajawea, ma si guadagnò un posto importante nelle cronache di Clark e Lewis e nell'immaginario americano. Agli inizi del XX secolo il National American Woman Suffrage Association (associazione femminista) la assunse a simbolo dell'indipendenza delle donne, erigendo a suo onore numerose statue e targhe.
Statua di Sacajawea a Bismarck in Dakota del Nord
Statua di Sacajawea al Washington Park di Portland

 Saggezza indiana

 


Il vento  


E' il vento che mi urla contro
e si sfracella urtando i vetri
per sfidarmi.
Vince chi mi fa più male.
Bevo il tempo come ambrosia
ma è solo assenzio
quel verde putrido dei miei occhi
mentre la primavera gocciola
ancora timida, ancora viva,
senza che io posa vederla
perché ho la tua immagine
iniettata nel cervello.
Posso ancora sentire
il lavorio, però,
della dinamo che ho nel petto
che tu hai innescato
in ore ancora invernali.
Sterili indizi

rendono colpevole la mia speranza
di essere sicura che ti avrò.
Allora la mia anima sublima
ad ogni contatto
librando foglie di lana
che il vento mi infuria contro
perdendo ogni loro cellula di dolcezza.
Nessun eden é il mio asilo
se non il tuo.
Ovvio...Vince sempre lui: il vento.

 
La regina delle api   

C'era una volta una coppia che desiderava ardentemente un figlio ma non riusciva ad averne. Un giorno il marito andò in un campo a tagliare del bambù. All'improvviso udì una vocina che lo implorava di non fargli del male. Dove sei?, chiese l'uomo. In questa canna!, rispose la vocina. L'uomo aprì la canna di bambù e trovò un bambino piccolissimo, con il volto da ranocchio. Lo portò a casa e con la moglie si affezionarono subito al bambino, anche se non era molto bello. Lo chiamarono Bambù.
Passarono gli anni e Bambù crebbe. Diventò un bravissimo ragazzo che aiutava il padre nel lavoro. Un giorno, il giorno del suo diciottesimo compleanno, i genitori gli diedero un abito e una spada e lo mandarono al mercato a vendere il riso e a comprare delle stoffe. Bambù attraversò la foresta ed ad un tratto si accorse di essere seguito. Gli si parò di fronte un leone affamato. Bambù gli disse: Non ho niente da darti, oggi. Ripassa domani. Ma il leone gli rispose: Ma io so già cosa mangiare: tu! Allora Bambù gli disse: Vattene via, altrimenti ti infilzerò con la mia spada! Il leone, intimorito, scappò via.
Bambù era quasi uscito dalla foresta, quando incontrò un'ape che gli chiese di salvare la sua regina. La regina era una bellissima ragazza, piccolissima, con due ali argentate, che era rimasta impigliata in una ragnatela. Bambù la salvò, ed allora la regina gli regalò tre semi di melone. Questi semi ti aiuteranno a realizzare quello che vuoi. Basterà che tu lo desideri!
Bambù andò al mercato e concluse i suoi affari. Poi tornò verso casa ed attraversando la foresta rincontrò il leone, ancora più feroce ed affamato. Bambù desiderò di ucciderlo con la spada di suo padre, ed ecco che di colpo riuscì a farlo. Un seme di melone era svanito nel frattempo dalla sua tasca.
Bambù scoprì che i semi erano prodigiosi. Ascoltò il suo cuore e desiderò di essere un bel giovane e di rivedere la regina delle api. I due semi sparirono e Bambù diventò un bellissimo ragazzo: di fronte a lui giunse la regina delle api, che ingrandì fino a diventare una vera ragazza. I due tornarono a casa, si sposarono e vissero felici e contenti.
  La creazione degli animali

C'era una volta Napi, che era l'aiutante del Sole: il Sole riscaldava la Terra mentre Napi faceva tutti i lavori di manutenzione. Un giorno Napi aveva terminato presto i suoi lavori, e dato che non era abituato a tenere le mani ferme, prese un blocco di argilla e cominciò a modellare con un blocco di argilla...
Una dopo l'altra fece le figurine di tutti gli animali della Terra. Era molto soddisfatto del suo lavoro: soffiò sopra ogni figurina, dando a ciascun animale un nome e un luogo da popolare sulla Terra.
Era rimasto un piccolo blocchetto di argilla. Napi lo pasticciò un po', poi fece un'altra figurina e disse: Ti chiamerai uomo, ed abiterai tra i lupi. Napi tornò al suo lavoro, ma un giorno arrivarono gli animali a protestare: il bisonte non riusciva a vivere in montagna perché era troppo ripida, le capre della prateria non amavano vivere nell'acqua, la tigre non si adattava vicino al mare e così via. Allora Napi ridiede a tutti nuove abitazioni, e questa volta furono tutti soddisfatti. Tutti, tranne l'uomo, che vaga dappertutto per trovare un luogo che lo soddisfi.
 La leggenda dell'aurora

 Molto tempo fa in questo paese era buio fitto. Gli abitanti, tennero un'assemblea e decisero che occorreva una persona che fosse veloce a correre.: Scelsero Ghiandaia Azzurra.
Esso, si mise subito in moto in direzione di levante e finalmente giunse in una capanna di terra in un villaggio molto abitato a giudicare dalla quantità di capanne, ma nessuno in realtà era li, perché se ne erano andati ad una festa non molto distante. Entrato nella capanna trovò un bambino.. Ghiandaia Azzurra chiese al bambino:
"Dove sono andati?'".
Il ragazzo rispose:
"Sono andati via":
Nella capanna c'erano delle ceste di provviste contro la parete: Ghiandaia Azzurra indicò la prima cesta che vide li vicino e chiese:
"Che c'è in quella cesta?".
Il bambino rispose:
"Prima sera".
Poi indicò la cesta accanto dicendo:
"Che c'è in quella cesta?".
E il ragazzo rispose:
"Appena buio".
Le domande alternate dalle risposte si susseguirono, fino all’ ultima::
"Che c'è in quella cesta?".
Il fanciullo rispose:
"Aurora".
Allora Ghiandaia Azzurra afferrò lesto la cesta e se ne scappò di corsa!
Il bambino cominciò a gridare:
"Ci hanno rubato l'Aurora!".
La gente non fece caso alle urla del bambino poco distante, e continuarono a danzare.. Finalmente l’ attenzione di un abitante cadde sulle urla e disse:
"Il ragazzo grida che hanno rubato l'Aurora".
Tutti accorsero allora alla capanna e, spiegato l’ accaduto si misero presto ad inseguire Ghiandaia Azzurra verso ponente.
Egli andava verso ponente, sempre verso ponente.
Vicino alla Grande Valle lo raggiunsero.
Stavano per prenderlo; eran proprio sul punto di farcela, quando egli aprì la cesta e la luce volò fuori.

Aquila Grigia

 ALL'ALBA, SEDUTA NELLA CASA PATERNA 
 
siedo tranquilla, nell'alba;
una piccola casa alle
dighe del Missouri.
Un coyote muove furtivo
verso il bosco, come me
insonne, colpevole e
guardingo. Gli uccelli
commentano il suo
passaggio.
Giovani cavalieri Indiani
sono qui per prendere il
ronzino di mio padre, da
usare come cavallo da
soma al locale rodeo.
Sto bene. Il sole si leva.
 LUNA NUOVA


LUNA NUOVA

La luna nuova,una canoa,una piccola canoa d'argento,
naviga e naviga fra gli indiani dell'ovest.

Un cerchio di volpi argentate, una nebbia di volpi
argentate, stanno e stanno intorno alla luna indiana.

Una stella gialla per un corridore, e liti di stelle
azzurre per molti corridori,mantengono una linea di sentinelle.

O volpi, luna nuova,corridori,voi siete la sella
della memoria, bianco fuoco che scrive
questa notte i sogni dell'Uomo Rosso.

Chi siede, con le gambe incrociate e le braccia piegate,
guardando la luna e i volti delle stelle dell'ovest?

Chi sono i fantasmi della valle del Mississippi,
con le fronti di rame, che cavalcano robusti pony nella notte?
Senza briglie le braccia sui colli dei pony,
cavalcando nella notte, un lungo, antico sentiero?

Perchè essi ritornano sempre quando,
quando le volpi argentate siedono intorno alla luna nuova,
un bimbo d'argento, nell'occidente indiano?

 LA CREAZIONE DEL CIELO
La Prima Donna dispose le stelle
per aiutare la Luna a far luce.
Ad una ad una le ordinò per bene,
in forma di animali luccicanti
appesi alla notte.
Ma il Vecchio Coyote irruppe festoso,
e sparse le stelle come oggi le vedi.
(Algonkin Blackfeet)

tratta da: Canti degli Indiani d'America


FRATELLI MIEI - Tatanka Iyotake o Tatanka Yotanka,Toro Seduto, Sioux
da: "Il Grande Spirito parla al nostro cuore
Guardate, fratelli miei, la primavera è arrivata;
la terra ha ricevuto l'abbraccio del sole
e noi vedremo presto i risultati di questo amore!
Ogni seme si è svegliato.
E così anche tutta la vita animale.
E grazie a questo potere che noi esistiamo.
Noi perciò dobbiamo concedere ai nostri vicini,
anche ai nostri vicini animali,

il nostro stesso diritto di abitare questa terra.

 LA PIOGGIA-BAMBINO 
 Da: "49 canti degli Indiani d'America" Ed. Mondadori
Nella Donna-Sorgente ancora una volta,
cade una goccia dell'Uomo-Acqua,
dà vita, all'incontro, alla Pioggia-Bambino.
 (Navajo)

 SONO ANDATO...



Sono andato
alla fine della terra
sono andato
alla fine delle acque,
sono andato
alla fine del cielo
sono andato
alla fine delle montagne:
Non ho trovato nessuno
che non fosse mio amico

La mia mano non è del colore della tua,
ma se mi pungo uscirà sangue e sentirò dolore.
Il sangue è dello stesso colore del tuo,
Dio mi ha fatto e sono un uomo.

Orso in Piedi 

 


L'indiano e le altre creature
che erano nate qui e che qui vivevano,
avevano una madre comune: la terra.
Egli era imparentato con tutto ciò che vive
e riconosceva a tutte le creature
gli stessi diritti come a se stesso.
Quanto era legato alla terra,
egli l'amava e l'ammirava.

Orso in Piedi 

Lo sterminio 

Nel 1616 gli Inglesi fondarono, in corrispondenza dell'odierna Virginia, la Nuova Inghilterra.
Nel 1620 i Padri Pellegrini sbarcarono a Capo Cod, nel Massachusetts, ove sorse New Plymouth.
Precedentemente i francesi si erano installati nell'attuale Canada, dove nel 1608 Samuel de Champlain aveva fondato Quebec, divenendo poi governatore della Nuova Francia.La penetrazione verso i territori dove vivevano le tribù indiane iniziò già da quei tempi, ma in termini commerciali più che di occupazione vera e propria e i rapporti col popolo rosso si mantennero in accettabili equilibri.

Queste prime colonizzazioni portarono nella vita dei Pellirosse elementi nuovi e importantissimi.
Anzitutto il cavallo, importato fin dal XVI secolo dagli invasori spagnoli, che nelle mani indiane divenne uno strumento di caccia e di guerra usato in modo impareggiabile; poi le armi da fuoco e purtroppo anche il whisky, chiamato nel linguaggio immaginifico dei pellirosse acqua di fuoco, che ben presto si sarebbe dimostrato deleterio per l'equilibrio e la salute delle genti indiane. L'attività mercantile, l'andirivieni della carovane che trasportavano merci barattate o da barattare, portò anche tra le tribù indiane nuove malattie e in particolare il vaiolo.
Un'epidemia del terribile morbo scoppiò nel 1780 e colpì in particolare le tribù che abitavano lungo il medio corso del Missouri, i Ree e i Mandan, che vennero completamente distrutte.
Comunque l'equilibrio fra uomini bianchi e uomini rossi si mantenne fino all'ultimo decennio del 1700; la fine della guerra per l'indipendenza delle colonie inglesi dalla madrepatria e la nascita della nuova nazione, gli Stati Uniti, segnarono l'inizio di una tragedia che si sarebbe consumata, come dicevamo, nell'arco di circa un secolo.
La nuova nazione americana, terminato il periodo dell'edificazione, cercava uno sviluppo territoriale e questo non si poteva realizzare che verso Ovest, verso gli immensi territori ancora semisconosciuti, capaci di dare lavoro e ricchezze non solo agli ex - coloni, ma anche ai numerosissimi emigranti che arrivavano dal Vecchio Mondo a cercare fortuna in questo nuovo Paese, che sembrava promettere libertà e progresso per tutti.
Di mano in mano che i coloni dilagavano nei territori indiani,le tribù di Pellirosse venivano scacciate o distrutte.
Decenni di lotte per difendere la libertà e le Grandi Pianure in cui erano vissuti per secoli.
Poi le armi dei "visi pallidi" vinsero...
... E IL GRANDE POPOLO INDIANO FINI' NEI GHETTI CHIAMATI RISERVE  Il trasferimento forzato di uomini, donne e bambini si era svolto fra disagi di ogni genere, lungo percorsi di migliaia di chilometri che i Pellirosse chiamarono “pista delle lacrime”.
Al di là del Mississippi e fino alle Montagne Rocciose si stendevano le Grandi Pianure, terre aride e spazzate dai venti che i primi coloni giudicarono inabitabili.Per questo, in un primo tempo, furono lasciate agli Indiani.I Pellirosse delle Pianure (Sioux, Chomanche, Cheyenne) erano cacciatori di bisonti e si spostavano seguendo i branchi del prezioso animale, da cui traevano quasi tutto ciò che serviva alla loro sopravivenza.Ma dopo la guerra di secessione, quando la spinta verso l'ovest trovò nuovo slancio, i Pellirosse delle Pianure cominciarono a costituire un grave ostacolo per l’ espansione dei coloni.I contrasti divennero sempre più frequenti e violenti e sfociavano infine in vere e proprie guerre.All'alba del 29 novembre 1864, il colonnello Chivington fece circondare l'accampamento di Sand Creek, nonostante gli accordi presi e anche se nel mezzo del villaggio sventolava la bandiera americana, comandò l'attacco contro una popolazione inerme che quasi niente fece per reagire. Gli episodi sconvolgenti - come venne testimoniato dagli stessi indiani e da molti altri bianchi che parteciparono al massacro - non si contarono.
Gli uomini vennero scalpati e orrendamente mutilati, i bambini usati per un macabro tiro al bersaglio, le donne oltraggiate, mutilate e scalpate.
Per commettere delitti così atroci bisognava possedere una innata cattiveria o non essere padroni delle proprie azioni.
In effetti molti dei partecipanti erano ubriachi.  Fra il 1866 e il 1890 ce ne furono quattro,in cui fu mobilitato l’esercito e vennero impegnati grandi generali, come Sherman e Sheridan.
Alla superiorità militare degli Stati Uniti gli indiani opposero una tattica di combattimento fatta di attacchi di sorpresa, agguati e imboscate, tuttavia i Pellerossa vennero letteralmente annientati attraverso uno spietato genocidio.Oggi gli indiani non formano più una nazione, non sono più un popolo padrone della terra in cui vive, capace di esprimere una sua cultura e una sua civiltà. Infatti una parte di essi si è integrata completamente nella civiltà bianca, mentre un'altra parte vive in alcune centinaia di riserve sparse nel territorio statunitense e in quello canadese.
 Indiani d'America oggi   


I nativi americani attualmente sopravvissuti sono circa un milione e mezzo (censimento del 1980). Nel 1984 vi erano 283 tribù riconosciute negli Stati Uniti e 200 villaggi nell'Alaska. Attualmente la maggior parte degli indiani sopravvissuti sono confinati in riserve, circa 300 quelle federali e 21 quelle statali, quasi tutte ad ovest del Mississippi. Le riserve possono essere destinate ad una sola tribù o essere assegnate a più tribù. Alcune parti delle riserve possono appartenere a gruppi non indiani. La riserva più grande (14 milioni di acri) è proprietà della tribù Navaho, mentre le più piccole si riducono a pochi acri di terreno. E' comunque stimato che circa un terzo (c'è chi dice addirittura la metà) della popolazione indiana degli Stati Uniti abiti ormai nelle città. Per esempio, in Canada vivono circa 300.000 eschimesi, in rapido aumento. Sono organizzati in ben 573 gruppi (detti bands) con, in media, 525 membri ciascuno. Ogni band ha un capo eletto e un consiglio tribale rappresentativo. Le varie bands possiedono 2.242 parcelle di terreno separate fra loro, su un area totale di 25.954 km². Sia negli Stati Uniti che nel Canada le condizioni di vita degli indiani sono generalmente precarie e la loro vita media è inferiore a quella del resto della popolazione.



  




 
Un uomo Sacro ama il silenzio, ci si avvolge come in una coperta: un silenzio che parla, con una voce forte come il tuono, che gli insegna tante cose. Uno sciamano desidera essere in un luogo dove si senta solo il ronzio degli insetti. Se ne sta seduto, con il viso rivolto a ovest, e chiede aiuto. Parla con le piante, ed esse rispondono. Ascolta con attenzione le voci degli animali. Diventa uno di loro. Da ogni creatura affluisce qualcosa dentro di lui. Anche lui emana qualcosa: come e che cosa io non lo so, ma è così. Io l'ho vissuto. Uno sciamano deve appartenere alla terra: deve leggere la natura come un uomo bianco sa leggere un libro.
Cervo Zoppo
Sioux



 
Fine .

 

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